La corsa rinforza i dischi intervertebrali
I tessuti si adattano al carico. Nel 1892, Wolff ha descritto per la prima volta la teoria dell’adattamento osseo al carico. Successivamente, numerosi studi hanno confermato un effetto benefico (osteogenico) dei protocolli di carico per l’osso. Questo adattamento al carico non è stato indagato per il disco intervertebrale (IVD).
In questo studio trasversale gli autori hanno ipotizzato la presenza di una qualità tissutale migliore nei runner rispetto ai soggetti non attivi. E’ stato inoltre ipotizzato un effetto dose-dipendente dei diversi volumi di corsa.
Sono stati inclusi soggetti con età compresa tra 25 e 35 anni: soggetti non attivi, runner che correvano distanze comprese tra 20 e 40 km a settimana, runner che correvano oltre 50 km a settimana.
I risultati dello studio hanno mostrato che i runner hanno una maggiore idratazione e un maggior contenuto di glucosaminoglicano rispetto ai soggetti non attivi. Questo effetto è presente in tutti i livelli vertebrali compresi tra T11/T12 e L5/S1. L’effetto della corsa sull’idratazione dei IVD e sul contenuto di glucosaminoglicano è maggiore a livello della regione centrale del nucleo rispetto all’anulus. L’altezza dei IVD, relativa a quella dei copri vertebrali, indice di ipertrofia dei IVD, è maggiore nei runner che percorrono lunghe distanze. Esaminando i singoli livelli vertebrali, questo effetto è presente nei livelli compresi tra L3/L4 e L5/S1. Questi effetti sono presenti in entrambi i sessi, senza differenze statisticamente significative tra maschi e femmine.
Questo studio fornisce la prima evidenza che l’esercizio fisico potrebbe modificare in modo positivo i IVD. L’ipertrofia dei IVD potrebbe rappresentare un adattamento al carico nei runner abituali.
Nella popolazione generale, i IVD della regione lombare sono più frequentemente interessati da fenomeni degenerativi e i carichi ripetuti della colonna sono considerati fattori contribuenti per lo sviluppo di questa degenerazione. Ma, nonostante i carichi ripetuti a cui è sottoposta la colonna durante la corsa, i runner inclusi nello studio non hanno mostrato alcune effetto negativo a livello dei IVD nei segmenti lombari. Di contro, i runner che percorrevano lunghe distanze hanno mostrato segni di una maggiore idratazione e di un contenuto maggiore di glucosaminoglicano nei IVD lombari rispetto ai soggetti non attivi. Inoltre, l’ipertrofia dei IVD conseguente alla corsa abituale era maggiore proprio a livello lombare.
Questi risultati mostrano che il carico assiale ripetitivo sulla colonna durante la corsa potrebbe rappresentare una strategia per migliorare i IVD.
E’ importante considerare le limitazioni di questo studio. Il disegno di questo studio non permette di escludere i fattori confondenti, come le differenze nella funzionalità muscolare, nell’alimentazione e nel sistema ormonale tra i runner e i soggetti inattivi. Sono quindi necessari ulteriori studi per confermare gli adattamenti al carico sui IVD determinati dalla corsa e delineare delle linee guida per “rinforzare” i IVD individuando un carico ottimale.
Sapere che i IVD rispondono a certe tipologie di carico e comprendere quale sia il carico ottimale potrebbe migliorare le strategie per la gestione e la prevenzione della lombalgia.
Fonte: Articolo di Samuele Passigli pubblicato su FisioBrain il 21/04/2017
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